Psicorubrica di Lara Ventisette
Una credenza forte della nostra società suggerisce di socializzare le nostre difficoltà e i nostri problemi con le persone che ci stanno a cuore, al fine di “sfogarci” e di ridurre gli eccessi di dolore, paura o rabbia che ci tormentano. Come ogni credenza tramandata anche questa è diventata diffusa e molto praticata: a tutti voi sarà capitato, almeno una volta, di “vomitare” il vostro malessere addosso ad un amico e/o un familiare, e sono pronta a scommettere che ancora più spesso vi sia accaduto che altre persone vi coinvolgessero nelle loro lamentazioni inerenti i temi più disparati tra lavoro, famiglia, relazioni, senso di colpa o di insoddisfazione generalizzato. Addirittura, può capitare di trovarsi in situazioni in cui perfetti sconosciuti ci omaggino di sofferti sproloqui, causandoci forte imbarazzo e dispiacere, per l’impossibilità di aiutarli (motivo per cui non sempre dichiaro la mia professione agli sconosciuti!).
Ma, al di là del contesto in cui la lamentazione si verifica e al di là del grado di intimità che possiamo vantare con il “lamentatore”, sappiate che si tratta di una modalità comunicativo-relazionale pericolosa da diversi punti di vista.
Innanzitutto, più spesso socializziamo le nostre difficoltà e stati d’animo, più ne avremo una percezione ingigantita; in secondo luogo, maggiori saranno le occasioni di “sfogo” più risulteremo confusi rispetto alla situazione perturbante e meno probabilmente ci sentiremo compresi e supportati in maniera utile dagli altri; infine, l’”emorragia verbale” renderà molto faticoso il fisiologico processo di metabolizzazione emotiva che prevede di riconoscere, comprendere, gestire ed esternare le emozioni in maniera funzionale e adeguata alle diverse situazioni ed interlocutori.
In sintesi, parlare troppo di ciò che ci affligge, e con troppe persone, rischia di farci sentire ancora più afflitti ed insicuri poiché incapaci di “cavarcela da soli” e adoperarci per sfoderare risorse e strategie idonee ad affrontare la difficoltà o il problema. Evitare di affrontare in prima persona le sfide che la vita ci propone significa provocare una battuta d’arresto nel miglioramento dell’autostima, cioè mettersi a sedere nel bel mezzo del cammino per diventare la versione migliore di noi stessi.