MARIANO FORTUNY Y DE MATRAZO E IL SUO IMPATTO NELLA STORIA DELLA MODA E NELLO STILE CONTEMPORANEO a cura di Alessandro Martinelli
A Maggio 2017, sotto le volte del Grand Palais, lungo il percorso sinuoso della Galerie Courbe, Karl Lagerfeld ha presentato la collezione Cruise 2018 di Chanel, ricreando l’idea di un sofisticato ellenismo tra le rovine di un antico tempio dell’Ellade al tramonto. Gli abiti sono caratterizzati da dolci plissettati che accarezzano e, allo stesso tempo, scolpiscono il corpo, riecheggiando quel gusto fluido e aereo che ha aleggiato in Europa a cavallo tra Ottocento e Novecento. Le citazioni spaziano dalla leggiadria della “barefoot dancer” Isadora Duncan alla riscoperta della tragedia greca da parte dei più innovatori intellettuali del tempo (ad esempio l’Antigone del 1922 di Jean Cocteau), fino allo sguardo sapiente e poliedrico di un artista-artigiano-creatore di nome Mariano Fortuny. Nato a Granada nel 1871 in una famiglia di artisti, architetti e critici, dopo la morte del padre si sposta a Venezia nel 1889 per problemi di salute ( soffriva d’asma e di febbre da fieno) per poi acquistare nel 1899 il celeberrimo Palazzo Pesaro Orfei, che divenne il suo laboratorio, studio e abitazione. Anche se giunse tardivo alla decorazione dei tessuti e alla moda, il suo interesse era nato dalla copiosa collezione di stoffe di famiglia , conservata dalla madre in un baule e talvolta mostrata agli ospiti per farne ammirare le trame intricati e le combinazioni di colori accecanti.
Il suo lavoro era strettamente connesso al ripensamento moderno e modernista della civiltà di Cnosso, contrapposta al mondo acheo della Grecia continentale (si pensi a Schlieman e Arthur Evans, ma anche alla pittura di Alma-Tadema o Leighton): la scoperta di frammenti di tessuto rinvenuti in Grecia lo incoraggiarono a compiere ricerche sui procedimenti di stampa del passato, che vennero poi sperimentati e rielaborati assieme alla moglie-musa Henriette: nella famosa sciarpa “Knossos”, ad esempio, vennero recuperati temi minoici quali paesaggi floreali o sfondi con fauna marina, riscuotendo un enorme successo.
La forza rivoluzionaria dei suoi abiti nasceva proprio dalla riscoperta della bellezza classica: ad esempio, l’abito plissettato “Delphos” non aveva taglia, poteva essere adattato su corpi di donne differenti modificandone soltanto l’ampiezza e la lunghezza ed era indossato a piedi nudi e senza biancheria intima, in privato, come una sorta di sottoveste. Tale modello si ispirava alle vesti della statuaria classica, come la kore di Euthydikos o di Samo: esso poteva avere maniche di ampiezza diversa ed era tenuto insieme da preziose perline di vetro di Murano; la sua caratteristica principale era una plissettatura permanente e fatta a mano (il metodo di realizzazione è tutt’ora ignoto) che venne brevettata nel 1909 e richiedeva un lavoro manuale lunghissimo poiché le pieghe erano fittissime e irregolari; le tuniche venivano vendute a spirale e racchiuse in custodie appositamente realizzate. La cadenza delle vesti era di una semplicità sconvolgente, la comodità nell’indossarli permetteva alle donne di un tempo di liberarsi dalle rigidità imposte dai corsetti e dalle cinture strette , ma al tempo stesso ne limitavano i movimenti a causa degli orli scesi delle gonne.
Alcuni critici di moda, recenti o coevi all’artista, hanno trovato poca originalità nei suoi modelli ed egli viene descritto più come un artigiano che si limitava a copiare i motivi di vecchi paramenti o disegni storici che come un innovatore. In realtà Fortuny, come dimostrano i numerosi studi e bozzetti, si ispirava a molte culture, utilizzava varie forme e colori per dar vita a nuovi accostamenti e combinazioni inusuali: fantasie vegetali persiane e turche, stoffe cretesi, tessuti epigrafici, motivi orientali, citazioni pre-colombiane o Maori venivano fusi con l’arte veneziana dei dipinti di Carpaccio, dando vita a sinuose e sensazionali cappe di seta.
Uno dei motivi ricorrenti era l’uso della melagrana, simbolo presente in molte culture differenti, da quella bizantina a quella rinascimentale, da quella indiana a quella greca. La sua forma tondeggiante, che racchiude i semi sormontata da una corona di foglie, alludeva a un segreto svelato ed era, quindi, vista come un buon auspicio di fertilità e abbondanza per la donna. Molto spesso veniva abbinata spesso a foglie di acanto arricciolate, viticci, foglie di cardo o onde del mare e riprodotta in tessuti dagli effetti metallici, suggerendo una idea di bellezza e crescita. Analogamente, era presente la rappresentazione simbolica degli uccelli, proveniente da Bisanzio e dal Nord Africa, presenti a coppie con i colli intrecciati.
Nella “Recerche”, Marcel Proust descrive un abito di Fortuny donato ad Albertine come “adornato di motivi arabi, come Venezia,…, come le colonne i cui uccelli orientali, simboleggianti alternativamente la morte e la vita, ricorrevano nel luccicchio della stoffa”: esso diviene simbolo di una commistione complessa di morte e desiderio, arte e ascesa. L’opera di Fortuny ha ispirato anche altri scrittori, come Gabriele D’Annunzio, che in “Forse che sì, forse che no” descrive la sciarpa Knossos indossata sua eroina Isabella Inghirami come di “una garza orientale”, ritratta di “strani sogni” e stampata in “nuove generazioni di astri, piante, animali”.
Il legame più forte di tutti però risiede con il mondo della danza, grazie anche al suo lavoro di costumista teatrale: tra le numerosi clienti di Mariano vi fu la celebre ballerina Isadora Duncan, che recentemente ha ispirato la bellissima collezione couture SS 2016 di Valentino. Pier Paolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri hanno lavorato con l’attuale compagnia Fortuny per produrre nuove versioni dei celebri velluti bruciati e dell’abito “Delphos”, ricreando un atmosfera sognante dove le modelle camminavano in un sentiero cosparso di petali all’interno dell’Hotel Solomon de Rothschild mentre risuonava il “Prélude à l’Après-midi d’un Faune” di Debussy.
La modernité de l’antiquité appunto, ossia per guardare al futuro occorre prestare attenzione al passato.