LANVIN BY CLAUDE MONTANA

a cura di Alessandro Martinelli

SS 1990 adv by Paolo Roversi

Nel 1989, cento anni dopo la fondazione della maison da parte di Jeanne Lanvin, Claude Montana prende le redini della divisione Haute Couture, fortemente voluto dall’ allora nuovo direttore esecutivo Léon Bressler. “Claude Montana è un campione: con lui c’è totale libertà e modernità” afferma in un’intervista.

Per Claude, l’essere scelto da Lanvin rappresenta il più alto riconoscimento del suo talento e della sua abilità di perpetrare i valori tradizionali dell’alta sartoria:  il suo genio splendente, esplosivo e senza compromessi, dotato di alta sofisticazione e meticolosità, è molto sensibile ai codici della haute couture, e questo gli permetterà di esplorare la sua creatività al massimo. La notizia  genera grandi entusiasmi nel mondo della moda: Pierre Cardin e Christian Lacroix scrivono sincere lettere di incoraggiamento, Jean Paul Gaultier parteciperà al suo primo show, apprezzando il suo lavoro al termine della sfilata. 

In realtà, il lavoro di Montana è sempre stato molto vicino al mondo della haute couture per la grande attenzione data alla qualità del tessuto e alle lavorazioni sartoriali, per la ricerca di linee pure, dei dettagli, della sofisticatezza delle silhouettes drammaticamente architettoniche.  La dimostrazione di affetto più grande arriva però da Yves-Saint Laurent: fra di loro c’è una stima reciproca così sincera che Yves alui  dedicherà un libro, pubblicato nel 1987, “a Claude, che ammiro, con i più calorosi auguri” e Claude assisterà a tutti i principali show di YSL.

Lo sguardo di Claude si volge a tutte le figure simbolo della cultura francese, da Balenciaga che apprezza per la sua precisione e la bellezza dei tagli a Christian Dior, per la carica innovativa del New Look. Il principale obiettivo di Montana è di sviluppare una differente visione della couture che dia ad essa nuova linfa, seppur rispettando i codici tradizionali. In questa nuova avventura, è sostenuto dalla sorella Jacqueline, sua assistente, e dalla sua modella-musa Axelle.

Montana trascorre due anni da Lanvin con  cinque collezioni, due delle quali (FW 1990/91 e SS 1991) vincono “il Ditale d’oro”-:un ulteriore riconoscimento al suo eccezionale talento. Il suo debutto da lanvin, ciononostante, ha diviso il popolo della moda nel suo tentativo di introdurre cambiamenti radicali nel modo di produrre e organizzare una sfilata di moda.

Haute Couture SS 1990

Haute Couture SS 1990

La sua prima collezione per la Primavera/Estate 1990 non ha raggiunto il responso da tanti atteso: i reportages della stampa sono cauti e dubbiosi e, in alcuni casi, altamente negativi.  “La prima collezione fu traumatica”, afferma Montana alcuni anni dopo. “Non ho affrontato bene le reazioni della stampa. Continuavo a guardare il video della sfilata più e più volte per capire dove avessi sbagliato. Léon Bressler, fortunatamente, mi ha sostenuto”.Ci sono alcune possibili ragioni per questo fallimento, in particolare il fatto che lo show si sia svolto in una vasta tende eretta presso “Le Champ-du-Mars”, un’ambientazione poco peculiare per la haute couture, abituata a locations più intime. Inoltre, le modelle hanno percorso la passerella in tutta la sua lunghezza, girandosi e sparendo nel backstage senza tornare una seconda volta, come era prassi al tempo.In un’intervista a Fréderique Mory, Montana confida che “dovevo ancora imparare: la haute couture mi ha fatto vedere le cose in modo differente. Con il ready-to-wear, ci sono limiti che non possono essere superati; nella couture, non ci sono impedimenti o restrizioni. L’importante è che gli abiti facciano sognare. Grazie all’atelier Lanvin, sono stato capace di realizzare i miei sogni e ho lavorato con un team talentuoso, determinato e appassionato.”

Haute Couture FW 1990/91
Haute Couture FW 1990/91

Le due collezioni successive, come anticipato, hanno riscosso un grande successo. La collezione Autunno-Inverno 1990-91, presentata al Palais de Chaillot, è caratterizzata da una forte modernità futuristica, ben esemplificata da un cappotto “costruttivista” in cashmere nera profilato di faille avorio e rosso, un cappotto double-face in lana bianca e nera indossato sopra un abito di velluto nero, un paltò in velluto grigio acciaio e taffeta sopra un maglione di jersey color granito e shorts di “Breitschwanz”, un abito “opera” in faille dorata tutta ricamata.

La palette è divina: blu notte, marrone iridescente, ametista, acciaio, oro, granato, topazio e platino.per il finale, la sposa trova rifugio tra piume e una pelliccia di zibellino . Il 25 Luglio 1990, “Le Figaro” celebra la collezione con le seguenti parole: “ non è una questione di far rivivere Jeanne Lanvin, ma di imporre il proprio io tramite uno spirito haute couture che prende le distanze dal  ready-to-wear, che è esattamente quello di cui abbiamo bisogno. Questa donna appartiene a una nuova generazione, appartiene al secondo millennio. Montana ha vinto la fascia di top couturier”.Pierre -Yves Guillen su “Le Quotidien de Paris” afferma: “58 outfits, 58 opere d’arte, 58 oggetti precziosi, 58 sculture! Sin dalla prima uscita, aspettavo la successiva con un livello tale di impazienza e di  attesa che solo Hitchcock prima d’ora era stato capace di suscitare.  E quando arriva l’outfit successivo,  è ancora più bello del precedente.

Ho visto un solo show di Montana, a Gennaio, e non mi ha colpito particolarmente. Oggi sono senza parole dall’ammirazione. Nessun outifit ricorda un altro: oguno di essi è scolpito e concepito per eroine tragiche del cinema muto. Stelle mitiche, impressionismo tedesco.Dal cappotto con cappuccio con un gigantesco collo alla Medici alla vestaglia Art Decò e la stola di ermellino nero… Sono abiti meravigliosi, cappotti gloriosi, strati di puro lusso. La sola descrizione di alcuni capi è capace di farci sognare: un trench di faille avorio sovra un cardigan di visone madreperlato, un tuxedo di satin di seta  con sciarpa vermiglia, una giacca di lana turchese abbinata con una gonna di lana nera, un cappotto di gazar oro e argento sopra un abito “Lingotto”.La collezione, definita dalla stampa di un “fascino astrale”, vince il “Ditale d’oro” nel Luglio 1990 presso i giardini del Palais Galliera. Sei mesi dopo,  il 31 Gennaio 1991, Montana vinse un nuovo “Ditale d’Oro”, a lui consegnato da Bernadette Chirac presso l’Hotel de Ville.

Haute Couture SS 1991
Haute Couture SS 1991

La collezione Primavera/estate 1991 contiene molti degli elementi tipici dello stile Montana: un cappotto reversibile in satin lavanda a ricami metallici sopra un abito di organza lavanda; un abito-scatola in zibellino champagne; un cappotto decorato con piume bianche e argento abbinato a shorts di zibellino bianco e a una blusa di satin bianco; un abito trapezio ricamato con conchiglie di organza rosa sabbia; un cappotto ricamato con pepite d’oro, indossato sopra una gonna e un body in camoscio beige.“Quando penso a Montana”, ricorda Jamie Samet, “vedo l’organza, le trasparenza, una donna fiore, una statua.  Ci regala paradisi artificiali con le passerelle couture. Entriamo in un mondo che non esiste”.

Haute Couture FW 1991/92
Haute Couture FW 1991/92

Il fotografo Tyen, autore di molte campagne pubblicitarie di Montana e di Lanvin, afferma: “ Siamo in grado di riconoscere una manica di Schiaparelli, le forme voluminose di Balenciaga e l’impronta di Montana da Lanvin. E’ diventato leggendario: ha dato il suo cuore a Lanvin”.

L’attenzione riservata ai volumi e ai tagli grafici sono la dimostrazione che la haute couture è una forma d’arte che non dà spazio all’improvvisazione, dove ogni cosa è sapientemente calcolata e eseguita con la massima precisione.

Per Montana, la haute couture è sinonimo di libertà, dove ogni cosa è possibile, dove puoi sperimentare nuovi materiali e c’è grande energia, nonostante le numerose ore di lavoro. Claude Montana colleziona petali di fiore, piccoli ciottoli, frammenti di terra, granelli di sabbia, pezzi di carta, immagini prese da libri, atlanti: da questa piccola collezione prende vita la costruzione delle sottili armonie di una collezione. I colori vengono ricreati su “gouache”, su grandi fogli di carta bianca che forniscono l’inspirazione per la scelta dei tessuti e delle loro colorazioni.

Haute Couture SS 1992
Haute Couture SS 1992

Nello spazio di due anni, Montana lascia un segno indelebile nel mondo della haute couture. La sua ultima collezione per la Primavera/Estate 1992, viene acclamata come un apoteosi di bellezza e modernità.

Jeanne Moreau era solita dire: “Io vesto Montana perché la sua moda non ha riferimenti al passato, è un designer che esprime se stesso  in modo dietto e naturale. Un’altra cosa che ammiro è il suo rigore…”

Colette Dubois, première dell’atelier di confezione per quaranta anni, ricorda: “Durante il nostro primo incontro nell’ufficio di Jeanne Lanvin, sono rimasta impressionata da Monsieur Montana. Indossava pantaloni di pelle e una giacca da cowboy  ed era completamente differente dal tipo di uomo che aveva lavorato per la compagnia in precedenza… Sembrava provenire da un altro mondo. Ciononostante,  mi è piaciuto dal primo istante: mi aspettavo fosse arrogante e invece era molto timido. Cominciammo a parlare immediatamente di couture. Le sue collezioni, con la loro enfasi sull’uso della pelle, erano molto distanti da ciò che in precedenza avevamo realizzato. Quando abbiamo iniziato a lavorare assieme, mi forniva i disegni e mi diceva: “Questo è quello che voglio”. Guardavo il disegno e pensavo “Si, è bello , ma il retro?”. Eravamo abituati a avere disegni ricchi di spiegazioni. Non sapeva quello che eravamo capaci di fare e noi non sapevamo cosa avrebbe voluto. Così realizzammo tele e le mostrammo a lui: quel primo giorno di lavoro con Montana, ero in  ansia alle stelle, ma, alla fine, avevamo compreso quello che voleva.  Prendevamo il tessuto che lui aveva selezionato e lo tagliavamo secondo i disegni, giudicandoli ad occhio. Realizzavamo le toiles e le decostruivamo per realizzare le varie parti. Componevamo il tutto su manichini di legno. Il mio ruolo era dare istruzione alle mie assistenti, una ventina di persone, trenta quando si avvicinava la sfilata.

Con Montana, avevi sempre l’impressione che tutto funzionasse per miracolo e dovevamo continuare rivedere i nostri presupposti di base. Dava guarda importanta al taglio. Doveva sembrare molto semplice, ma le cose che appaiono in tal maniera sono le più difficili da realizzare. Monsieur M. ci incoraggiava a fare sempre meglio. Qualche volta trascorrevo intere notti in atelier, cercando di migliorare alcuni aspetti, per eliminare tutto ciò che non funzionava. Avevamo una grande rispetto reciproco, è stata una collaborazione meravigliosa. Montana, dalla personalità molto sensibile, era molto entusiasta del proprio lavoro, ogni volta si spingeva sempre più avanti: quando voleva un look particolare, era molto deciso, irrimoviibilee a tal punto che nemmeno una cliente lo avrebbe convinto a modificarlo. Ogni abito richiedeva dalle 175 alle 200 ore di lavoro”.

ADV SS 1991 by Paolo Roversi

Claude Montana ha lasciato Lanvin nel 1992, decretando la fine della haute couture della maison e lasciando al popolo della moda una traccia di un’esperienza significativa, che avrebbe avuto grande impatto e influenza sia per gli altri designers, che per il lavoro di Claude sulle sue collezioni ready-to-wear.

L’esperto di ricami François Lesage ricorda che “l’ingresso di Montana nel mondo della haute couture puà essere paragonato a quello in una cattedrale, molto toccante. Lui mi forniva una idea (“Voglio la sabbia, un po’ di vento,  delle pianti rampicanti tropicali”) e mi mostrava i suoi disegni e assieme discutevamo tutte le cose che sarebbero state il nostro punto di partenza. Stava a noi interpretare la sua volontà, trasformare un pensiero che fluttuava in aria e trasformalo in bozzetti. Le sue collezioni erano ricche di emozioni in uno stile puro e rigoroso. . Quando sfilò la sua ultima collezione, piansi e gli dissi che era dotato di un enorme talento.  Fu molto triste quando Montana lasciò Lanvin, era un vero couturier nella sua grande attenzione data al taglio e alla scelta dei materiali. Claude ha un approccio molto contemporaneo, astratto, che mi ricorda Yves Saint Laurent e il suo look militare, con le tuniche e le giacche safari. Mi emoziono a parlare di lui, mi manca.”

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