a cura di Alessandro Martinelli
Parigi, 1 Ottobre 2017: chi si aspettava un invito alla ordinaria location dell’Hotel Solomon de Rothschild, è rimasto sorpreso di gustare lo show di Valentino nella ampia palestra del Lycée Carnot; non più una camminata tra le sale di un “hotel-particulier”, ma una più classica e ariosa (seppur modernizzata) pedana bianca, divisa in due file, che preannuncia un cambio di rotta rispetto al passato. Numerose sono le licenze poetiche del coltissimo Pier Paolo Piccioli: stavolta le decorazioni di Gustave Doré che riproducono “L’Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto sono l’emblema di un percorso metaforico, quello sulla luna nel poema, di rilettura e riscoperta dei codici stilistici della maison sotto una nuova prospettiva.
Cominciamo per ordine, osservando il mood-board della sfilata: sotto un neon indaco, si cela la splendida immagine di Brooke Shields, icona della collezione Couture di Valentino per la Primavera Estate 1981, in un abito di organza tripla in tonalità tea, caratterizzato da stratificazioni di volants che creano una forma a tupilano animata lateralmente da ruches verticali.
L’abito è stato riproposto in una splendida riedizione nel finale della sfilata per la prossima stagione e indossato dalla giovanissima Ratner.
La riscoperta degli spumeggianti Eighties, simbolo di frivolezza e leggerezza, è sinonimo per Piccioli di una nuova voglia di glamour, di femminilità, abbandonando l’immagine di vergine angelicata che aveva caratterizzato le sfilate della maison negli ultimi anni. Basta stivali, le donne vogliono nuovamente scarpe con il tacco, ingentilite da un piccolo fiocco; basta brani sinfonici nella colonna sonora, si opta per due brani iconici di Grace Jones come “Slave to the rhythm” e “La vie en rose”; basta donne senza trucco e senza gioielli, si al ritorno del pendente con la perla e a un delicato ma deciso ombretto rosa mauve.
«Volevo tornare all’essenza del marchio, al glamour, ma anche ridargli la sua propria joie de vivre. In questo momento di incertezze e confusioni, volevo una moda più leggera che fosse capace di reagire con gioia alla vita», afferma Piccioli.
La creatività è la capacità di fare qualcosa di nuovo e di imprevisto a partire da componenti già presenti nel proprio ambiente.
Un processo creativo non parte dal nulla, ma da dati elementi, deve comunque soddisfare particolari paradigmi o stilemi relativi all’ambito di riferimento e genera un risultato nuovo per l’individuo, non necessariamente ricostruito a memoria o per mezzo di strumenti deterministici. L’abilità di Pier Paolo consiste nel guardare al passato senza nostalgia, ma cogliendo quegli elementi che possono essere riadattati alle esigenze di una donna contemporanea: non si tratta di una lavoro di “copia-carbone” ( o “copycat”) come si nota in altre blasonate griffes, ma di sapiente reinterpretazione, che impressiona anche i più fedeli allo stile del fondatore della casa di moda.
Dove sta dunque “l’Effetto Valentino” (titolo ripreso non a caso da una celebre trasmissione di RAI 1 del 1982)?
Sta nel gioco di incroci di spalline, nella trasformazione di una canotta in un pezzo couture, negli ampi scolli a spicchi, negli abiti nuvola, nel gioco di nastri che si attorcigliano su una manica, nelle gonne a pieghe a stampa pois o a micro fiorellini, nei profondi spacchi laterali negli abiti da sera, nei volumi leggeri come quelli di una nuvola, nelle decorazioni che ricordano i tappeti Aubusson, nei cristalli leggeri che riecheggiano quelli della Collezione Baccarat.
Più delle parole vorrei parlassero gli abiti di ieri e di oggi, per celebrare la capacità di un brand di essere al passo con i tempi e fedele al suo DNA. Come diceva una celebre pubblicità: Viva Valentino!
N.B. Ringrazio Francesco D’Ambra e Armando Terribili del gruppo FB “Valentino Alta Moda” e “Valentino Boutique” per i preziosi consigli e suggerimenti per quanto riguarda la scelta degli abiti di archivio.